Percolato a Bellolampo, è allarme acqua inquinata
“L’emergenza percolato”, si sta rivelando un vero e proprio nervo scoperto, che “fa straparlare” la classe dirigente palermitana. C’è il sindaco Cammarata che ha scoperto come l’unico, vero, responsabile di tutto sia il governo regionale, e quindi Lombardo. Il Presidente della Regione contrario alla realizzazione dei “prediletti termovalorizzatori”, per cui il primo cittadino stravede e che a lui, invece, fanno tanto “battere il cuore” all’unisono con l’UDC. Infatti, Cammarata ha preso posizione: “Sul tema dei rifiuti purtroppo bisogna registrare un gravissimo ritardo da parte della Regione. Il futuro dipende dalla costruzione degli impianti di smaltimento, altrimenti ci troveremo al collasso“. Ma è stato a questo punto che è giunto un colpo di scena: pure il Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo se le è presa con il governo della Regione, correndo in soccorso di Cammarata. “Per quanto riguarda l’emergenza dei rifiuti in Sicilia non siamo ancora ai livelli della Campania – ha caricato la ministra siracusana – ma si deve capire che c’è bisogno di misure urgenti perché con il sistema delle discariche ormai sature, con l’assenza di un piano di impianti di smaltimento, la nostra regione potrebbe trovarsi presto in una condizione di grave emergenza“. Tutto ciò, mentre la Procura antimafia di Palermo sta valutando quali provvedimenti adottare nei confronti della delicata vicenda del percolato a Bellolampo. Un’inchiesta – scattata già 5 mesi fa – che, oltre a prendere atto di tutta una serie di non lievi reati amministrativi, adesso appare sempre più orientata verso la contestazione dell’ipotesi penale del “disastro ambientale”. Ossia l’ipotesi che il percolato abbia avvelenato le falde acquifere della città. Ma anche i percorsi idrogeologici, nelle viscere del sottosuolo, in direzione della costa sino ad Isola delle Femmine e, all’interno del territorio, sino a Montelepre. “Siamo di fronte all’ennesimo riscontro di un modo leggero ed irresponsabile di governare la città – esplode il Capogruppo del PDL Sicilia Manfredi Agnello – per questo presenteremo un’interrogazione urgente al Sindaco, che deve dirci quali provvedimenti urgenti intenda adottare per sottrarre la città ad una nuova e grave emergenza ambientale”. “Per fare chiarezza con urgenza su una emergenza che insidia la salute e gli interessi di tutte le famiglie palermitane, ho presentato un’interrogazione al sindaco chiedendo chiarimenti sulla vicenda della fuoriuscita del percolato nella discarica di Bellolampo – attacca Davide Faraone capogruppo PD al Comune di Palermo – Più volte nei mesi scorsi ho lanciato l’allarme sul fatto che sull’emergenza rifiuti a Palermo sembrerebbe si stia giocando una partita molto sporca, anche alla luce della possibile contestazione giudiziaria di “disastro ambientale”. A parte il fatto che l’Amia deve chiarire perché nonostante abbia goduto in passato di un finanziamento ad hoc per la realizzazione di un impianto di compostaggio dei rifiuti organici e vegetali, non abbia mai proceduto alla sua realizzazione”. “La giunta Cammarata si preoccupa di combattere l’inquinamento dell’aria con le targhe alterne, – attacca Antonella Monastra consigliere comunale di “un’altra storia” – quando a pochi chilometri dalla città un disastro ambientale potrebbe mettere a serio rischio la salute dei palermitani. A Bellolampo i liquami velenosi sono fuori controllo e nessuno sin’ora ha mosso un dito.” Nessuno, fino allo scorso venerdì, quando i militari del Noe e la Procura antimafia di Palermo, hanno fatto irruzione all’interno della discarica più grande dell’Isola, per dar corso a rilievi ed accertamenti tecnici, finalizzati a verificare se il percolato potrebbe aver già contaminato le falde acquifere. «La vicenda della discarica di Bellolampo e del percolato non smaltito correttamente – spiega la Monastra – potrebbe avere drammatiche conseguenza per Palermo e non solo. Le indagini del Noe, la denuncia dei ragazzi dell’associazione “ReteRifiutiZero”, l’interessamento della Procura Antimafia, sono tutti elementi che certificano la gravità di quanto sia accaduto e stia accadendo. Come mai il Comune di Palermo è così distratto di fronte a fatti così gravi? Posto, che non dobbiamo scordare – prosegue la Monastra – come il sindaco sia la massima autorità sanitaria della città. Oppure, lui ritiene non importante che i palermitani possano correre il rischio di bere acqua avvelenata, oltre a respirare aria inquinata? A chi interessa che su tutte queste questioni regnino il silenzio e l’indifferenza?”. A dir poco sorprende, la dichiarazione rilasciata dal Prefetto Trevisone: “È innegabile che il problema del percolato a Bellolampo esiste, ma la gestione della discarica è di competenza dell’Amia. Io come commissario straordinario ho piuttosto l’obiettivo di creare nuovi spazi di abbancamento per i rifiuti. È pur vero che in Prefettura da tempo è attivo un tavolo che coinvolge la Regione, il Comune, la Provincia, l’Amia e l’Arpa, proprio per cercare di eliminare questa pozza di liquido che si è creata anche a causa delle abbondanti piogge. Non a caso, infatti, il 90 per cento del percolato è acqua piovana”. Per il Prefetto Trevisone, “tutti si stanno dando da fare: il Comune di Palermo ha predisposto un piano per creare un muro di contenimento. L’Amia ha stilato un cronoprogramma per assorbire la pozza di liquido e la Prefettura dà tutto il suo supporto con la convocazione del tavolo per la conferenza dei servizi. Piuttosto, bisogna subito capire a che profondità nel terreno è arrivato il percolato e verificare se le falde acquifere sono state inquinate”. E intanto, i PM Maria Teresa Maligno e Gery Ferrara stanno, alacremente, lavorando ai risultati del blitz di venerdì a Bellolampo. I loro esperti stanno esaminando tutta una serie di reperti probatori acquisiti: dai campioni di liquami di percolato, alle foto ed ai filmati prodotti, dalle misurazioni e rilievi condotti, allo studio delle carte amministrative sequestrate.
Acqua inquinata, l'opposizione chiede le dimissioni del sindaco
Non si è ancora risolto il problema della potabilità dell'acqua a Santo Stefano Quisquina. Nella seduta del Consiglio comunale del 2 agosto scorso, su proposta del gruppo di opposizione, con voto unanime è stata approvata una risoluzione con la quale è stato deciso di procedere all'approvvigionamento del paese con attingimento dell'acqua potabile da una sorgente alternativa rispetto a quella inquinata dal norovirus, indicando un percorso risolutivo del problema, in essere dal mese di marzo, utilizzando acqua della Capo-Favara o di altre sorgenti alternative esistenti nel territorio quali i pozzi Montecatini o i pozzi Sant'Elia. "Sono passati oltre due mesi dall'adozione della risoluzione, e altri sette mesi da quando è sorto il problema della non potabilità dell'acqua - ha affermato il gruppo di opposizione - e il sindaco ha fatto poco, nella sostanza nulla, dimostrandosi incapace e inconcludente, lasciando la cittadinanza in una situazione insostenibile e insopportabile. I cittadini sono allo sbaraglio, alla ricerca di quei pochi abbeveratoi ancora esistenti o di sorgenti naturali del territorio e fuori dal territorio per potersi approvvigionare per gli usi potabili senza spendere soldi. Si evidenzia che cinquemila cittadini hanno atteso invano che l'acqua potabile tornasse nei rubinetti delle proprie abitazioni, sottolinenando che il tema dell'acqua ha una priorità assoluta, non può essere trattato con superficialità e noncuranza e che occorre affrontarlo con decisione e, soprattutto, con la massima urgenza più volte sollecitata. Nessuno mai avrebbe immaginato che a Santo Stefano, paese dell'acqua, si fosse arrivati a quasto punto. Pertanto il gruppo consiliare di opposizione chiede al sindaco leto Barone le dimissioni".
LEGAMBIENTE DENUNCIA: “ACQUE INQUINATE IN LOCALITA’ LAGURIO”
In seguito alle segnalazioni del Circolo Legambiente La Ginestra di Fondi circa la presenza di cattivi odori e schiume biancastre lungo un canale in località Lagurio a Fondi e al conseguente esposto di Legambiente Lazio alla sezione provinciale di Arpa Latina, le analisi di verifica hanno rilevato nei campioni di acqua prelevati un forte inquinamento di origine organica e una elevata presenza di Tensiattivi Anionici (MBAS). “Le analisi effettuate dalla sezione Arpa di Latina danno una prima risposta: il canale è inquinato e la causa più probabile sono gli scarichi non autorizzati – ha detto Federica Prota, presidente del Circolo La Ginestra -. A questo punto andremo avanti, per capire se questi fattori inquinanti hanno raggiunto anche la falda acquifera. Se così dovesse essere, la cosa sarebbe molto preoccupante, visto che nei dintorni del canale sono numerosissimi i terreni agricoli che si servono dei pozzi artesiani per l’irrigazione, e altrettanti sono gli allevamenti che utilizzano quell’acqua per l’abbeveraggio degli animali”. Il canale risultato inquinato è collegato da un fiume al Lago di Fondi, un ecosistema molto delicato a causa della sua conformazione, parte del Monumento Naturale Lago di Fondi e del Parco dei Monti Ausoni e del Lago di Fondi. “Questi risultati vanno necessariamente approfonditi perchè parlano di un rischio per la salute umana che non può essere sottovalutato – ha dichiarato preoccupato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio – Per questo è dovere del Sindaco di Fondi emettere ordinanza di non potabilità della fonte, bloccando tutti gli utilizzi domestici e agricoli di quelle acque. E al tempo stesso sarà indispensabile come sempre il lavoro delle forze dell’ordine affinchè si chiariscano le cause dell’inquinamento delle acque e si risalga ai responsabili. Gli inquinatori vanno individuati, si tratta di criminali che devono rispondere dei loro reati, anche provvedendo alle spese di bonifica”, ha concluso Parlati.
“Acqua inquinata? Indagini approfondite per capirne le origini”
«C'è la massima attenzione sulla voci del possibile inquinamento nei pozzi della città». Il sindaco Luciano Porro interviene sulla polemica che si è aperta nei giorni scorsi sulla mancata messa in rete del nuovo pozzo di via Brianza. Sulla questione era già intervenuto l’assessore Fontana che aveva spiegato come il pozzo avesse già avuto l’autorizzazione dell’Asl, ma l’amministrazione comunale ha scelto di rinviare la messa in rete dopo avere visto alcuni dati “altalenanti” sulla presenza di inquinanti. «L'acqua della nostra rete idrica ora è di ottima qualità – spiega Porro -. Sul pozzo di via Brianza abbiamo avuto dei dati altalenanti, anche se sempre sotto le soglie di allarme. Proseguiremo nei controlli e se saranno sempre positivi metteremo in circolazione il pozzo quanto prima». Dal sindaco arriva anche una proposta per effettuare maggiori controlli sulla qualità dell’acqua in città: «Stiamo vedendo quanto Arpa e Provincia possano fare, magari dei controlli nei pozzi pubblici e privati per capire la situazione e risalire a possibili fonti di inquinamento. È nostro dovere capire quali margini di inquinamento ci sono, perché capita che ogni tanto si rilevi una presenza di inquinanti»
GELA: ACQUA INQUINATA, SINDACO DISPONE DIVIETO DI UTILIZZO
GELA (CALTANISSETTA) I cittadini residenti nella zona di via Tina Pica, a Gela, non potranno utilizzare l'acqua in distribuzione per uso alimentare e per l'igiene personale, a causa della presenza di inquinamento batteriologico rilevato dall'analisi dei campioni all'ingresso dei contatori. Lo rende noto il sindaco, Angelo Fasulo, che sta predisponendo un'ordinanza con la quale se ne proibisce l'utilizzo, "dopo avere preso atto - si legge in un comunicato - della nota odierna a firma del dirigente medico dell'Unitá operativa Igiene pubblica dell'Asp 2. Il divieto di utilizzo - prosegue il comunicato - persisterá finché non verrá individuata ed eliminata la causa dell'inquinamento".
Fiumi inquinati: maglia nera alla Sicilia
Il rapporto è di Legambiente secondo la quale l'Isola è al primo posto per numero di comuni in procedura di infrazione europea. Inadempienze anche per quanto riguarda le reti fognarie PALERMO. Sono inquinati le foci dei fiumi e gli scarichi campionati in Sicilia dai biologi da Goletta verde di Legambiente: 16 i punti ad allarme rosso. Questo dato fa collocare la regione al primo posto per numero di comuni in procedura di infrazione europea. Da quanto emerso dalle analisi, fatte a bordo di un laboratorio mobile, la situazione in Sicilia è preoccupante. "La Sicilia - dice Legambiente - sotto il profilo della depurazione verte decisamente in cattive acque". A partire dalla città di Palermo, la Foce Fiume Oreto, al momento dei campionamenti presentava feci in sospensione, livelli batteriologici altissimi ed è pertanto risultata fortemente inquinata. Spostandosi nella provincia del capoluogo regionale, la situazione non migliora. Nel Comune di Termini Imerese, il prelievo di acque effettuato in Via Crisone, a 250 metri dalla foce del Torrente Barratina, è risultato fortemente inquinato. A Carini, l'esito delle analisi è stato lo stesso: elevatissima presenza di batteri nel campionamento condotto nella Foce Fiume Ciachea. Nella provincia di Trapani, le ricerche di Goletta Verde riportano altri dati allarmanti. Anche nel comune di Castelvetrano, in località Marinella di Selinunte, ci sono altissimi livelli di inquinamento microbiologico, così come a Mazara del Vallo. Ancora nel trapanese, nel comune di San Cusumano (Tonnara), in località Casa Santa Erice, i campionamenti realizzati nello scarico che insiste sulla strada provinciale Trapani-Bonagia, riportano valori talmente alti da risultare non quantificabili, il risultato è acqua torbida e fortemente inquinata. La Sicilia si piazza al primo posto per le procedura di infrazione per inadempimento nell'attuazione della direttiva per garantire agli agglomerati urbani di oltre 15mila abitanti la dotazione di reti fognarie. Secondo gli ultimi dati disponibili, diffusi da Legambiente, sono 90 i comuni siciliani inadempienti, imputati di omissione delle disposizioni necessarie. "La fotografia scattata da Goletta Verde ci dimostra che la depurazione è ancora insufficiente - dice il presidente di Legambiente Sicilia, Mimmo Fontana - e non possiamo non ribadire la nostra preoccupazione e rilanciare l'appello alle autorità competenti affinché si impegnino immediatamente per portare gli impianti depurativi della regione a numero sufficiente e a un livello di efficacia ed efficienza che rientri nei parametri, non solo della direttiva europea, ma anche del buon senso".
Acqua contaminata anche a Prizzi In Sicilia due casi in un mese
È il secondo caso in poche settimane in Sicilia. Dopo Santo Stefano Quisquina, anche a Prizzi, nel Palermitano, è allarme per l’acqua contaminata. Un avviso del 24 marzo scorso, firmato dal sindaco Antonino Garofalo, è stato affisso per le vie del paese e pubblicato sul sito internet del Comune. Nella nota si invitano i cittadini a "non utilizzare al consumo umano l’acqua erogata dai serbatoi comunali”. Il 21 marzo, infatti, sono stati prelevati da parte di un laboratorio d’analisi incaricato dal Comune dei campioni d’acqua poi risultati inquinati. Non è ancora stato chiarito il tipo di contaminazione. “Attendiamo lunedì prossimo l’esito delle analisi dell’Asp di Palermo, – ha dichiarato Salvatore Cannariato, responsabile della rete idrica comunale – prima di allora non possiamo dire nulla”. A differenza di quanto accaduto a Santo Stefano Quisquina, dove a causa del norovirus, rintracciato nell’acqua proveniente dal serbatoio comunale, si è diffusa rapidamente un’epidemia di gastroenterite acuta, a Prizzi la situazione sembra sotto controllo e fino ad ora non sono stati segnalati problemi di salute tra la popolazione. Il divieto di bere acqua, secondo quanto si legge sul sito www.cosediprizzi.it “sarebbe riconducibile alla presenza di alcuni batteri coliformi all’interno dei serbatoi”. “Non sappiamo quando potremo tornare ad utilizzare l’acqua corrente, – fanno sapere da un bar del paese – per adesso andiamo avanti con l’acqua minerale finché la situazione non torna alla normalità. Pare che il problema presto si risolverà”. Intanto, dal Comune assicurano che si sta provvedendo a svuotare le vasche di accumulo del serbatoio Margi per rimuovere il sedimento e disinfettare con ipoclorito di sodio. Intanto, fino a nuova comunicazione, rimane tassativo il divieto di bere acqua proveniente dalle cisterne comunali. Una ventina di chilometri separano Prizzi da Santo Stefano Quisquina. Nonostante la vicinanza dei due paesi pare che si tratti di casi del tutto diversi, ma rimane comunque inquietante il fatto che due comunità si siano trovate contemporaneamente a fronteggiare la stessa emergenza idrica.
Acqua inquinata nel nisseno, vietato l'utilizzo
Acqua inquinata a Niscemi e in alcuni quartieri di Gela, in provincia di Caltanissetta. E, così, scatta il divieto di utilizzala per uso alimentare. E’ stato il dipartimento di Prevenzione a comunicare gli esiti degli esami batteriologici e chimici su campioni di acqua destinati al consumo umano prelevati dalla rete idrica cittadina rilevando un superamento del valore di coliformi e enterococchi. Anche a Gela è scattato l’allarme nella zona dei Cappuccini e della villa Comunale. Gli esami sui campioni d’acqua prelevati il 7 febbraio hanno evidenziato che quell’acqua non puo’ essere utilizzata nè per usi alimentari nè per l’igiene persona. Tags: acqua inquinata, esami batteriologici, igiene personale, uso alimentare
Acqua inquinata, fine dell'emergenza?
santo stefano di camastra Un avviso ai cittadini, emesso nel pomeriggio di ieri dal sindaco dott. Giuseppe Mastrandrea, ha cancellato in un momento l'emergenza protrattasi quasi un mese per la presenza nei rubinetti di acqua lurida e maleodorante proveniente dalle fogne di Mistretta e di Reitano, infiltratasi nella subalvea Racì, situata nel torrente "S. Stefano". L'avviso informa «i cittadini che a seguito delle analisi effettuate su campioni di acque della sorgente Racì e del parere espresso dall'Ufficio di Igiene e Sanità pubblica dell'Asp n. 5 di Messina-Ufficio di Santo Stefano di Camastra, è stato ordinato, tra l'altro, all'Eas l'immissione delle acque della sorgente Racì, unitamente a quelle del pozzo "Campo sportivo" nel civico acquedotto. L'ordinanza precisa che l'acqua erogata potrà essere utilizzata solo ed esclusivamente per uso domestico e a fini igienico-sanitari e non per uso alimentare». Avverte pure che «con decorrenza odierna l'erogazione idrica riprenderà la normale cadenza giornaliera». Il vicesindaco prof. Carmelo Colombo nel confermare la fine dell'emergenza, chiarisce «che l'ordinanza del sindaco scaturisce principalmente dalle ultime analisi effettuate dal Laboratorio di Sanità pubblica - Dipartimento della Prevenzione di Messina, da cui è risultata la totale assenza di coli fecali, ma con ciò non si abbasserà il livello di attenzione. Le analisi, infatti, verranno ripetute con insistenza». Bisogna rilevare, tuttavia, che nell'ordinanza, ove viene con un dettagliato excursus descritto tutto l'iter dell'emergenza, non si tiene conto della ubicazione della sorgente Racì, che per sua natura è già fuori legge, non potendosi recintare secondo le norme in materia, e pertanto è soggetta ai rischi di inquinamento non solo per gli sversamenti fognari di Mistretta e Reitano, ma anche per le tante sostanze chimiche usate nelle coltivazioni dei terreni circostanti. Intanto, per il pomeriggio di domani, resta confermata la riunione pubblica fissata nel salone della Società operaia dai consiglieri comunali Imbordino, Ferrigno, Carlino, Lucifaro, Gagliano e La Rosa, con l'obiettivo di costituire un Movimento civico per l'acqua, finalizzato a promuovere le più opportune iniziative.
Acqua inquinata Da tre mesi problema irrisolto
SANTA TERESA DI RIVA Da tre mesi l'acqua distribuita dal civico acquedotto è inquinata e l'amministrazione comunale non riesce a risolvere il problema individuando con certezza le cause del focolaio di inquinamento, tanto è vero che i tentativi di clonazione sono finora miseramente falliti. La grave emergenza, quindi, non finisce, nonostante che l'acquedotto a Santa Teresa di Riva sia stato rifatto interamente nel marzo del 2000, proprio per mandare in pensione quello realizzato nel 1958 e che era stato sempre fonte di guai per le continue rotture e le infiltrazioni di liquami che rendevano l'acqua non potabile. Il finanziamento di 3 miliardi e 779 milioni delle vecchie lire venne concesso dal ministero dei Lavori pubblici integrando fondi europei. Il nuovo acquedotto aveva risolto il problema dell'inquinamento, che, però, è ricomparso improvvisamente due anni fa quando per una ventina di giorni, in seguito alle analisi del laboratorio di igiene pubblica, l'acqua risultò inquinata. Un incidente di percorso, si disse, al quale si era ovviato con tempestività. Un anno dopo, ci risiamo. Stavolta, però, il problema non sembra poter essere risolto in tempi brevi: tre mesi di acqua inquinata sono tanti. I disagi per chi era abituato a bere l'acqua del rubinetto sono evidenti, ma quel che preoccupa è che non si riesca a circoscrivere la fonte di inquinamento, visto che tutta la rete idrica risulta esserne coinvolta. E l'acqua che in questi mesi è uscita dai rubinetti ha anche un cattivo odore, per cui non è facile rassegnarsi a questa situazione. A chiedere notizie all'ufficio tecnico (anche per quanto riguarda il tipo di inquinamento) ci si sente rispondere che si sta provvedendo a risolvere il problema. Già, nessuno dubita che gli uffici preposti si siano attivati per individuare ed eliminare i focolai di inquinamento, solo che a cotanto sforzo non corrisponde la soluzione del problema. Ieri è stato annunciato l'acquisto di un nuovo potabilizzatore che, si spera, possa far rientrare nei parametri di legge l'acqua distribuita dal civico acquedotto. Ma è come mettere la polvere sotto il tappeto se il problema non si risolve alla radice.
Commissione Europea: acqua privata, acqua inquinata
La notizia della scadenza della deroga concessa dalla Commissione Europea e ignorata dalle istituzioni è di una gravità senza precedenti. Lo denuncia il Forum italiano dei movimenti per l’acqua. “Si continua ad erogare acqua inquinata, acqua all’arsenico, acqua nociva”. Il regime delle deroghe era stato deciso per permettere alle compagnie che gestiscono l’acqua un piano di rientro nei valori consentiti dalla legge. Il fine, nelle intenzioni di Bruxelles, era quello di eliminare le cause dell’inquinamento o per investire installando sistemi di potabilizzazione in grado di riporta l’acqua erogata entro i parametri definiti dal decreto 31/2011. “Per questo sono state concesse tre deroghe da 3 anni ciascuna, a partire dal 2001. Il tempo è scaduto, l’acqua è ancora inquinata”. “La situazione dei Castelli Romani, come quella dell’Amiata, sono un chiaro esempio di come questo non sia avvenuto. Così come succede altrove nel Lazio, in Toscana, Trentino e Lombardia. In 128 Comuni, per una popolazione di 1.009.455 abitanti”. Per il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, “un ottimo spunto di riflessione per chi si ostina a sostenere che privato è bello”.
Coop, tra Acqua di casa mia e acqua minerale
La campagna della Coop di cui vi abbiamo parlato inquesti giorni, “Acqua di casa mia”, porta con sè anche una polemica. Che così si struttura: la campagna viene lanciata e portata avanti da uno dei più grandi leader nella distribuzione in Italia. Che vende, come si sa, anche l’acqua minerale. Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia, chiarisce fin da subito che la campagna non è “contro l’acqua minerale”. Lo segnala Il Salvagente. Le acque minerali sono molto importanti per la cooperativa, per un fatturato di 200 milioni di euro. L’azienda prevede un calo dei volumi di vendita pari al 10%. Ma la Coop assicura che si tratta di un investimento a lungo termine, per un cliente che sia dalla parte dell’ambiente.
Il Codacons lancia l'allarme: Acqua inquinata in 23 comuni siciliani
Sindaci e amministratori di 23 comuni delle province di Caltanissetta, Enna e Agrigento serviti dagli Ato idrici che si approvvigionano dall'invaso Fanaco, protestano "contro la distribuzione da marzo ad oggi di acqua inquinata da triolometani prima e manganese poi". Ne dà notizia il Codacons che ha raccolto le denunce dei consumatori. "Nel comune di Sciacca - dice il presidente provinciale del Codacons di Agrigento, Pier Luigi Cappello - più volte è stato segnalato dai cittadini l'invio di acqua sporca ed inutilizzabile, non solo per la cottura dei cibi, ma anche per il lavaggio. I cittadini hanno inviato dei campioni di acqua ad un laboratorio d'analisi che ne ha verificato la non idoneità e la presenza di batteri provenienti da secrezioni fecali. Che l'acqua sia infetta è stato poi ulteriormente confermato dall'ufficio d'igiene del Comune". "Chiediamo dunque - afferma Cappello - un intervento più che immediato e risolutivo a chi di competenza e ci riserviamo di intervenire con ulteriori accertamenti di responsabilità circa una così grave violazione delle regole d'erogazione di un servizio fondamentale come quello dell'acqua". L'ufficio regionale del Codacons anticipa sin d'ora l'eventuale costituzione di parte civile".